Nell’ordinamento italiano la residenza costituisce un diritto del cittadino e afferisce al diritto costituzionale che tutela la libertà di circolazione e soggiorno «in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza» (art. 16 Cost.).
Nell’ultimo decennio molte amministrazioni comunali, soprattutto nei
confronti dei cittadini stranieri e dei poveri, hanno adottato misure
volte a restringere i requisiti per l’iscrizione anagrafica evidenziando
grande distanza tra tali interpretazioni e ciò che prevedono le leggi
vigenti. E dove non intervengono direttamente i Comuni sono le prassi
arbitrarie degli uffici dell’immigrazione a limitare un diritto
sostanziale.
La residenza anagrafica non può infatti essere considerata come una
“semplice” questione burocratica poichè costituisce in realtà il
presupposto per l’esercizio di numerosi diritti, pertanto può essere
definita come un “diritto a esercitare altri diritti”.
Il convegno formativo, a partire dal toolkit realizzato dalla campagna LasciateCIEntrare, si è proposto di fare chiarezza sulle leggi vigenti e di analizzare quali sono le prassi che negando questo diritto non garantiscono molti altri diritti costituzionalmente previsti.